venerdì 9 maggio 2014

Una riflessione per una scuola resiliente



In tempo di crisi dove gli adulti sono annichiliti, sfiduciati, disorientati dal cambiamento, tentano ma faticano a trovare le risorse perché questo cambiamento epocale ha stravolto le loro radicate certezze, i giovani hanno più risorse, energie, idee. Riescono a prescindere dai cliché del passato per andare oltre. Questa anche la ragione per cui un giovane guida il nostro paese...
Credo che questo articolo di Lucia Compagnino (leggi qui) debba fare riflettere tutti noi: è nei giovani, nelle loro idee, nella loro energia e capacità di trovare soluzioni, la risposta.
Il problema della Scuola Giorgi non è didattico, non solo: Davide, Riccardo, Elia lo hanno capito.
Hanno fatto tre passi fondamentali: analizzato/compreso il problema (malessere della classe), sono intervenuti sulle relazioni attraverso la comunicazione (ne hanno parlato), hanno trovato la soluzione (ripetizioni ai compagni in difficoltà).
La scuola, come tutto il paese, è immobile, vive delle reminiscenze di un sistema superato, dove gli insegnanti, intrappolati nella didattica e negli obiettivi da raggiungere, a volte, perdono di vista la relazione, la comunicazione, il funzionamento del "gruppo classe". La scuola dovrebbe essere anche maestra di resilienza e, andando di pari passo con le teorie che valorizzano le risorse (Strength based), abituare i giovani a trovare le soluzioni dentro di sé, così come i giovani del Giorgi hanno trovato le risorse all’interno del loro gruppo classe, certamente con l’aiuto degli insegnanti. Non hanno atteso fondi, ausili o interventi esterni, ma hanno capito che in loro potevano trovare le risorse per risolvere il loro disagio.
Il problema, che non era didattico ma emotivo (rabbia dei più bravi e sentimento di abbandono dei meno bravi), e relazionale (conflitto nel gruppo), e questo danneggiava il rendimento di tutto il nucleo.
L’intervento di Davide, Riccardo ed Elia è un buon esempio di resilienza.
La RESILIENZA è la capacità di agire sul proprio sé o sul proprio ambiente per produrre un adattamento migliorativo. Essere resiliente significa vivere la propria vita da protagonista, riducendo la dipendenza dal contesto, affrontando con flessibilità e forza le ambiguità e i cambiamenti.
Dall’interazione, dal confronto, dal dialogo, dall’attingere alle risorse del "gruppo classe", possono arrivare le soluzioni. I ragazzi stessi possono contribuire ad offrire le risposte ai problemi del gruppo e del singolo inserito nel gruppo.
Certo, è necessario uscire da schemi precostituiti, da organizzazioni gerarchiche, dal pensare che le risorse siano esclusivo appannaggio degli adulti .
Mi pare necessario pensare nella scuola a percorsi formativi che, funzionando da facilitatori di dialogo e di confronto, rendano i giovani più coscienti delle proprie risorse, li aiutino ad acquisire consapevolezza dei loro punti di forza e punti di debolezza al fine di rafforzarli, che li stimolino a riflessioni, che pongano l’attenzione sulle competenze emotive per affrontare il loro presente, nel mondo della scuola, e il loro futuro, nel mondo del lavoro.
La formazione nella scuola non dovrebbe prescindere da ciò che accade già nel mondo del lavoro nella gestione delle risorse umane, ponendosi l’obiettivo non solo di accrescere le abilità (skills) e le conoscenze, ma anche le competenze emotive. Lo psicologo, come esperto di processi emotivi, potrebbe nella scuola, oltre a fornire spazi di aiuto e ascolto individuale, funzionare da facilitatore al processo di cambiamento, che stimoli i giovani ad “attrezzarsi alla resilienza” aiutandoli a non guardare lontano per cercare le risorse che, sono a portate di mano, dentro di loro.

DANIELA FRISONE
Psicologa psicoterapeuta

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