mercoledì 21 ottobre 2015

Il possibile dell'impossibile, o viceversa

"Non respira, non conta più nulla, arranca, è povera, marginalizzata, i suoi edifici crollano, i suoi insegnanti sono umiliati, frustrati, scherniti, i suoi alunni non studiano, sono distratti o violenti, difesi dalle loro famiglie, capricciosi e scurrili, la sua nobile tradizione è decaduta senza scampo. È delusa, afflitta, depressa, non riconosciuta, colpevolizzata, ignorata, violentata dai nostri governanti che hanno cinicamente tagliato le sue risorse e non credono più nell'importanza della cultura, e della formazione che essa deve difendere e trasmettere. [...] Ogni volta che un insegnante entra in classe si deve confrontare con la propria solitudine, con un vuoto di senso entro il quale è costretto a misurare la propria parola. Lo stesso accade nelle famiglie dove l'autorità della parola del padre non si trasmette più come un dato di natura, ma deve essere ogni volta riconquistata dai piedi.

È la cifra fondamentale del nostro tempo: nell'epoca dell'indebolimento generalizzato di ogni autorità simbolica è ancora possibile una parola degna di rispetto? Cosa può restare della parola di un insegnante o di un padre nel tempo della loro evaporazione? La pratica dell'insegnamento può accontentarsi di essere ridotta alla trasmissione di informazioni - o, come si preferisce dire, di competenze - o deve mantenere vivo il rapporto erotico del soggetto con il sapere?

È un bivio culturale con il quale siamo confrontati. Ma per scegliere la via dell'erotizzazione del sapere occorre che l'insegnante sappia preservare il giusto posto dell'impossibile. È il tratto che contrassegna ogni trasmissione autentica: la trasmissione del sapere di cui la Scuola si incarica a ogni livello, dalle scuole elementari a quelle post-universitarie, non è la chiarificazione dell'esistenza o la riduzione della verità a una somma di informazioni, ma la messa in evidenza di come ruoti attorno a un impossibile da trasmettere. Il maestro non è colui che possiede il sapere ma colui che sa entrare in un rapporto singolare con l'impossibilità che attraversa il sapere, che è l'impossibilità di sapere tutto il sapere. Non perché non esista la Biblioteca delle Biblioteche capace di raccogliere tutto il sapere, ma perché, anche se esistesse e leggessimo ogni suo libro, non avremmo affatto risolto il limite che attraversa il sapere come tale. Il sapere non si può mai sapere tutto perché é per sua struttura bucato, non-tutto, impossibile. Uno scarto irriducibile lo separa dal reale della vita. Si deve dire allora che un insegnamento ha come tratto distintivo il confronto con il limite del sapere attraverso il sapere, mentre il maestro che mostra di possedere il sapere può essere solo una caricatura risibile del sapere.

Di qui la centralità che assume lo stile. Ogni insegnante insegna a partire da uno stile che lo contraddistingue. Non si tratta né di tecnica né di metodo. Lo stile è il rapporto che l'insegnante sa stabilire con ciò che insegna a partire dalla singolarità della sua esistenza e del suo desiderio di sapere. La tesi principale di questo libro è che quel che resta della Scuola è la funzione insostituibile dell'insegnante. Questa funzione è quella di aprire il soggetto alla cultura come luogo di "umanizzazione della vita", è quella di rendere possibile l'incontro con la dimensione erotica del sapere. [...] Il vero cuore della scuola è fatto di ore di lezione che possono essere avventure, incontri, esperienze intellettuali ed emotive profonde. Perché quello che resta della Scuola, nel tempo della sua evaporazione, è la bellezza dell'ora di lezione. Questa è stata per me la Scuola e questo mi ha salvato. [...] Oggi segnaliamo una crisi senza precedenti del discorso educativo. Le famiglie appaiono come turaccioli sulle onde di una società che ha smarrito il significato virtuoso e paziente della formazione, rimpiazzandolo con l'illusione di carriere prive di sacrificio, rapide e, soprattutto, economicamente gratificanti. Come può una famiglia dare senso alla rinuncia se tutto fuori dai suoi confini sospinge verso il rifiuto di ogni forma di rinuncia? Per questa ragione di fondo la Scuola viene invocata dalle famiglie come un'istituzione "paterna", che può separare i nostri figli dall'ipnosi telematica o televisiva in cui sono immersi, dal torpore del godimento "incestuoso", per risvegliarli al mondo. Ma anche come un'istituzione capace di preservare l'importanza dei libri in quanto oggetti irriducibili alle merci, oggetti capaci di fare esistere nuovi mondi.

Capissero almeno questo i censori implacabili!

Capissero che sono anzitutto i libri - e i mondi che ci aprono - a ostacolare la via a quel godimento mortale che sospinge i nostri giovani verso la dissipazione della vita (tossicomania, bulimia, anoressia, depressione, violenza, alcolismo, ecc.). Lo sapeva bene Freud quando riteneva che solo la cultura poteva difendere la Civiltà dalla spinta animata dalla pulsione di morte. La Scuola contribuisce a fare esistere il mondo perché un insegnamento, in particolare quello che accompagna la crescita (la cosiddetta «Scuola dell'obbligo»), non si misura dalla somma nozionistica delle informazioni che dispensa, ma dalla sua capacità di rendere disponibile la cultura come un nuovo mondo, un altro mondo rispetto a quello di cui si nutre il legame familiare. Quando questo mondo, il nuovo mondo della cultura, non esiste o il suo accesso viene sbarrato, come faceva notare il Pasolini luterano [il Pasolini autore di "Lettere luterane", ndr], c'è solo cultura senza mondo, dunque cultura di morte, cultura della droga.

Se tutto sospinge i nostri giovani verso l'assenza di mondo, verso il ritiro autistico, verso la coltivazione di mondi isolati (tecnologici, virtuali, sintomatici), la Scuola è ancora ciò che salvaguarda l'umano, l'incontro, le relazioni, gli scambi, le amicizie, le scoperte intellettuali, l'eros. Un bravo insegnante non è forse quello che fa esistere nuovi mondi? Non è quello che crede ancora che un'ora di lezione possa cambiare la vita?"



Estratto dell'introduzione di  Massimo Recalcati (psicoanalista)
al libro "L'ora di lezione", Einaudi, 2014

3 commenti:

  1. "Le famiglie appaiono come turaccioli sulle onde di una società che ha smarrito il significato virtuoso e paziente della formazione, rimpiazzandolo con l'illusione di carriere prive di sacrificio, rapide e, soprattutto, economicamente gratificanti"...
    E' una similitudine quasi perfetta.

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  2. Sarebbe bello fare venire pure lui! ;-)

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