giovedì 4 giugno 2020

Specchi

Tutti a parlare di scuola, bersaglio facile, pochi sanno come inquadrarne il centro e lanciano dardi a caso. Tutti a parlare degli altri paesi, dove la scuola si sarebbe riaperta. Non lo dicono che in Germania metà stanno in classe, su base volontaria, metà a casa. In Francia, idem, a due settimane dalla fine dell'anno. Particolare concetto di "riapertura". In Olanda sono richiesti 4 metri quadrati a studente per i distanziamenti di classe, sono nella nostra stessa situazione. Altrove, non si è minimamente investito sulla Didattica a Distanza ("di emergenza", se è meglio) e il vuoto di questi mesi è stato più abissale del nostro. Facile leggere i titoli. Tutti a parlare di un settembre misterioso, non pianificato. Ma non è così, non si fa altro, a scuola. Oggi, ci siamo fatti tre ore di Consiglio d'Istituto, come ovunque. Con mille dubbi, mille incognite, sì. Le stesse che ci sono fuori dalla scuola: numeri, curva epidemica, disposizioni, DPI, riuscire a sconfiggere del tutto i rischi pandemici. Con in più gli organi collegiali, la didattica, gli esami, la riorganizzazione del personale, la composizione delle classi, tutti i nuovi criteri da normare.
Ma come, i bar sono aperti e le scuole no? Si sente il mugugno modello-base. Davvero è un criterio logico di analisi? Non si va neanche a un concerto, o allo stadio, se è per questo. Come mai?
Si parla di lezioni all'aperto: concetto romantico, l'arcadia, l'Attimo Fuggente. Fosse fattibile. Non spiegano dove reperire gli spazi, il personale, come gestire la logistica, gli spostamenti dei piccoli - infanzia e primarie. Non viviamo tutti in ampie pianure piene di spazi, decongestionate dal traffico. Non spiegano cosa sarebbe successo oggi, con la pioggia, ai milioni di studenti italiani. Tutti a casa? O tutti in classi-hangar che non ci sono. Allora costruiamole, si propone. Cosa, le classi-hangar? Come si fa a impostare la riapertura di una ISTITUZIONE della Repubblica valutando le previsioni del tempo?
Forse è meglio investire su un ritorno alla normalità, spendere le risorse per mettere in sicurezza gli edifici che abbiamo, troppo spesso fatiscenti, invece di aggiungervi ulteriore edilizia provvisoria.
Tutti a parlare di scuola, pochi che ne conoscano la vicenda interna, l'immane opera di riorganizzazione di questi mesi, lo scapicollarsi per tenere agganciata una generazione. Ah, la situazione è difficilissima, certo, la scuola italiana ha mille difetti e contraddizioni, come la nazione tutta, ministeri in primis. L'Italia ha visto l'esplosione di Chernobyl, una deflagrazione da cui sta uscendo con gradualità e prudenza. Forse, un buon modo, che sa di umanità più che di profitto. Altrove si sente un altro sapore, più acre, come ci racconta la cronaca mondiale.
La scuola è il nostro specchio. Non si è mai fermata, in realtà. Aiutiamola, aiutiamoci. Tanto, ce la faremo, a prescindere. Al netto della retorica.

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