martedì 11 novembre 2014
Basta compiti?
Tutto parte da un libro, che è diventato una campagna "culturale", un manifesto da sottoscrivere, con adesioni di un certo rilievo:
Coordinamento Genitori Democratici - CGD
Fondazione Montessori
Angela Nava Mambretti - Presidente CGD
Daniele Novara - Pedagogista e Scrittore
Marco Vinicio Masoni - Psicologo e Psicoterapeuta
Alessandro Lumare - Autore di libri illustrati e Atelierista
Giovanna Giuffredi - Psicologa, Scrittrice e Giornalista
Trovate tutto cliccando QUI!
Si stanno raccogliendo documenti, testimonianze, idee in proposito.
Io non riesco a farmi un'opinione definitiva sull'argomento, e ho tenuto il titolo dubitativo… Basta compiti?
Certo, il tema esiste, bisogna capire fino a che punto sia affrontato in base alle esigenze del bambino, e dove entrino in gioco quelle a volte utilitaristiche delle famiglie.
Chiedere di comprimere il lavoro didattico a casa per poter appiccicare MILLE attività alternative al bambino, in gran parte prestazionali, per esempio, non mi sembra una grande idea.
Lavorare di concerto con la Scuola per ragionare con buonsenso sullo studente, sulle strade migliori, al di là degli appelli, mi sembra un' OTTIMA IDEA.
Sacrosanto, quindi, che venga valorizzata la Carta Internazionale dei Diritti dell’Infanzia, che all’art 31 recita: “Gli Stati membri riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età…”
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, soprattutto gli insegnanti!
De Pres
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Stimatissimo Pres,
RispondiEliminala prima reazione è che non potevi scegliere momento più sbagliato per pubblicare questo post (allerta 2 prorogata sino a domani pomeriggio su tutta la Regione: in meno di 2 mesi, più di una settimana di lezioni saltate...)!
Ripensandoci, però, confido nella tua malizia e sospetto che questo sia uno stratagemma per stimolare la discussione.
Non sono d'accordo, comunque. Né in generale né nel particolare.
Sino a qualche anno fa, i miei figli avevano diritto a 26 ore di lezione settimanali. Adesso sono 27 ed è per quell'ora in più, o in meno, che mi sono infilata nella trappola degli organi collegiali nella quale sono invischiata a tutt'oggi. Quelle 26/27 ore sono considerate dal legislatore un tempo "normale" di scuola, nel senso che il tempo "pieno" è un'eccezione, cui non tutti hanno diritto (e l'esperienza frustrante della scorsa primavera è la conferma di un dato di fatto).
Potrei aggiungere, a supporto della mia opinione, l'obbligatorietà, in quelle 27 ore settimanali, di insegnamenti che, considerata la quantità risibile di ore a disposizione per la matematica e l'italiano, potrebbero essere accantonati, ma non vorrei sembrare più polemica di quanto non mi senta in questo momento (acida come lo yogurt se lo lasci fuori dal frigo per tutta una notte).
L'articolo 31 della Carta Internazionale dei diritti del bambino dovrebbe essere letto ai genitori piuttosto che ai docenti e sospetto, con quel po' di malizia che mi rimane, che sia stato scritto con un intento polemico proprio nei nostri confronti.
Che colpa ne hanno i bambini se il tempo che avete a disposizione per svolgere il vostro programma non è sufficiente? Non è svilente dover ammettere che in fondo per insegnare basta uno qualunque (un macellaio, un ingegnere, un avvocato, un idraulico) e che non serve nessuna competenza particolare per fare il lavoro dell'insegnante? Quando si sposta l'insegnamento dalla scuola, dove a tutti vengono date le stesse possibilità, alla casa, ambiente tra i più disomogenei, dove ci sono bambini che hanno molto sostegno e bambini che ne hanno poco, non si trasforma la scuola in un amplificatore delle disuguaglianze sociali invece che farne uno strumento di promozione umana? Sono alcune delle domande che mi sono venute in mente leggendo questo suo pensiero.
EliminaCordiali saluti,
Massimiliano Polito
Ho tenuto volutamente il punto interrogativo, ripeto, perché l'argomemto sia sviscerato, diventi dialogo, non posizioni pre-concette. Credo che una Scuola aperta abbia bisogno del primo e per nulla delle seconde. Questi interventi sono entrambi stimolanti, e ne chiamano altri. Secondo me, il parere che qui conta di più è quello del corpo docente. I compiti, in fondo, certificano il patto educativo tra la scuola e la famiglia. Un patto, per me, non si basa su un sì e un no, ma su un "come".
RispondiEliminaDe Pres
Non credo che i compiti certifichino il patto educativo fra scuola e famiglia. I bambini e le bambine devono essere considerati delle persone e non semplicemente "parte di una famiglia" o "parte di un patto educativo". La difficoltà e il disagio che i compiti provocano nei bambini e nelle bambine, testimoniato e sperimentato credo da ogni genitore, sottolinea che il tempo di vita delle famiglie e la loro dimensione educativa deve essere "altro" rispetto al tempo di scuola e il debordare del tempo di scuola nel tempo delle famiglie impedisce e limita l'apprendimento per esperienze, il diritto di non fare niente, il diritto al gioco, la condivisione dei momenti del tempo che si percepisce libero. Nessun bambino e nessuna bambina vuole portarsi la scuola a casa; ogni bambino e ogni bambina vuole imparare altro a casa, vuole fare altre cose, vuole passare del tempo con il proprio babbo, la propria mamma, i propri fratelli, i propri amici e lo vuole passare in un modo diverso. Vuole scegliere di fare, nella maniera più alta del termine "quello che vuole", dopo una giornata, una settimana di "obbligo". Perchè, come noi dopo una settimana di lavoro, anche i bambini e le bambine vogliono avere almeno uno/due giorni in cui poter scegliere cosa fare.
RispondiEliminaUn saluto. Giovanni.
Secondo me, a tuo modo, argomenti il senso di quel "patto". Fatico a vedere nelle famiglie moderne quell'Arcadia di tempo libero utilizzato in modo idilliaco, ma è anche vero che io ho il più grande in terza elementare, non abbiamo ancora impattato il trauma dellla "montagna" di compiti, che molti giudicano come ostacolo alla serenità. Esiste anche il tema di bimbi nevrotizzati da noi genitori, e una scuola che spesso deve farsene carico. Insegnanti che non riescono a svolgere il programma come si deve perché ritardati da mille fattori, mille freni che un tempo non esistevano. I compiti, invece, mi risulta che siano sempre esistiti. E qui torna la necessità di un dialogo. Non credo ci sia noi/loro, e in mezzo il muro dei compiti. Ma io per primo, ragiono all'impronta, non vorrei caricaturare le intenzioni dei promotori dell'iniziativa. Pongo solo spunti. ;-)
RispondiEliminaDe Pres
In questi giorni di forzata e noiosa pausa ('pausa della vita' mi verrebbe da dire, e non 'pausa della didattica' inflitta o subita) sto lavorando con i miei ragazzi tramite e.mail.
RispondiEliminaIl 'patto' è che la maggioranza tra loro ci sta e non svicola.
Pertanto, i periodi della tanto odiata/odiosa analisi del periodo viaggiano avanti e indietro; la nostalgia della pioggia serena ci ha fatto conoscere una poesia di Garcia Lorca (http://www.poesieracconti.it/poesie/a/federico-garcia-lorca/pioggia) e, adesso, è tutta una contrattazione su numero di versi e tempi per studiare a memoria (perché io, per svariati motivi, sono per la riproposizione delle poesie a memoria).
Il punto é questo: i compiti a casa andrebbero modulati e differenziati. Facile comprendere perché è difficile, quasi impossibile, farsi.
Lo spunto mio alla discussione vuole essere questo:
come si farà a casa quando capovolgeremo le classi?
http://www.scuolachefarete.it/la-classe-capovolta-esperimento-apprendimento-attivo/
ProfMouse
Grande ProfMouse, grazie!
RispondiEliminaLeggo, rifletto, rileggo, ripenso. Personalmente sono contraria ai compiti come strumento di apprendimento GENERICO. Ma, per restare in tema, come si diceva ai miei tempi, vorrei semplicemente soffermarmi su due aspetti.
RispondiElimina1. ritengo non sia corretto basare la discussione equiparando la funzione dei compiti nelle scuole superiori e nella scuola dell'obbligo.
Ho frequentato un liceo classico (sperimentale). Ho studiato anche la lingua tedesca. E ho trascorso ore e ore a ripassare coniugazioni, declinazioni, articoli. Ma avevo dal 14 ai 19 anni, avevo scelto la MIA scuola, sapevo (più o meno) cosa mi aspettava. Vero anche che ho imparato molto più in fretta quando passavo le giornate con coetanei tedeschi (al mare) e cercavo di farmi capire e loro mi correggevano con un sorriso quando sbagliavo e mi spiegavano termini nuovi con quella meraviglia di linguaggio universale che sono le mani e i disegnini. Ma era una scelta ed avevo scelto in base ai miei interessi. Vale, a mio parere, anche per fisica, greco, analisi matematica etc. Studi perché hai scelto (o hanno scelto per te e allora magari i fai bocciare).
Nella scuola dell'obbligo i bambini, soprattutto nella primaria, si trovano in un mondo nuovo tutto da imparare. Contesto molti libri di testo (nozionistici, esagerati, noiosi). Contesto il copincolla di schede su schede. Si impara scrivendo e leggendo. Si impara a studiare perché qualcuno te lo spiega perché lo verifichi che se leggi più volte poi te lo ricordi. Contesto, soprattutto, che i compiti a casa siano, spesso, un modo per andare avanti più velocemente con il programma. Io posso fornire a mia figlia porte e chiavi ma non conosco il metodo che usano a scuola. E anche quando provo ad aiutarla questo spesso provoca crisi perché lamaestranonlospiegacosììììììììììììììììì (e vuole che lo dica come vuole lei).
Sulle medie non ho esperienze dirette.
2. è rilevante anche il numero di ore che passano a scuola
esistono scuole primarie a tempo pieno (orario variabile 8 - 16; 8,30 - 16.30 mi pare di intuire in tutta Italia) e altre a orario spezzato, con rientri o con sabato. Per le medie, se ho capito bene, più o meno l'orario è sempre di 5 ore giornaliere.
Molte obiezioni, di molti genitori e insegnanti, riguardano il fatto che i compiti servono a cementare quanto imparato a scuola. Io penso invece, che in particolare per il modulo a tempo pieno, dopo otto ore passate sui banchi (con legittima pausa pranzo) abbia il diritto di andare a giocare, annoiarsi, inventarsi il modo di usare il suo tempo (sono contraria anche alle attività extrascolastiche da agenda manageriale). E che sia in quel tempo passato tra le mura scolastiche, con persone preparate (le insegnanti), con un metodo comune a tutti (quello delle insegnanti), che un bambino può verificare il gradi di comprensione di quanto appreso ed eventualmente chiedere a chi è qualificato (le insegnanti) eventuali dubbi. E che "cementare", a casa, possa invece significare che il bambino sia spinto dalla curiosità ad andare oltre. Ma non come obbligo. Come dono. Ognuno per quel che si sente. Perché le basi ci sono e le hanno tutti, indistintamente. Sia chi ha genitori preparati, sia chi ha genitori che magari non hanno potuto seguire un corso di studi. La scuola dell'obbligo è un diritto di tutti. Farli uscire tutti con una buona base un nostro dovere. Quello che vedo io, anche e soprattutto con i compiti a casa, è che chi viene seguito a casa avanza ed è "bravo" chi è in disagio e magari ha più difficoltà resta indietro. Semplicemente.
(ProfMouse progetto meraviglioso. wow!)